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25 novembre 2005: addio al «quinto beatle»

di Marco Innocenti

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24 novembre 2009

George Best, il ragazzo baciato dal talento e maledetto dalla vita, chiude gli occhi il 25 novembre 2005 a Londra, stroncato da un'infezione epatica, ma dovunque rotoli un pallone si stampa il suo ricordo mentre inventa un dribbling nel fango dell'Old Trafford o si rilassa sulla spiaggia di Marbella, con una bottiglia di birra a canna e un sorriso da incorniciare: quello che aveva fatto impazzire le più belle ragazze della Swinging London.

Il ragazzo di Belfast
Viene dalla Belfast dei poveri, ma sembra un brasiliano travestito da irlandese. Porta un nome impegnativo: Best, George Best. Il 28 dicembre 1963 segna il primo gol con la maglia rossa del Manchester. Charlton e Law, i leader dei "diavoli", lo abbracciano: a 17 anni è diventato uno dei loro. La sua carriera è bruciante. Gioca un calcio fatto di guizzi e invenzioni, è elegante e irridente, ha un gesto estroso e un tiro velenoso. Insegna agli inglesi l'arte del dribbling stretto. Scambia gli avversari per birilli. Parte dall'ala e stringe al centro, portando a spasso i difensori. È un artista, un irregolare del calcio, un fantasista dotato di tutti i colpi. Ala destra, ala sinistra, seconda punta, centrocampista avanzato, non c'è ruolo che non sappia ricoprire. Imprendibile negli spazi, micidiale nelle progressioni, nel tiro e nelle fughe sull'out, forte nel tackle, lottatore su ogni palla, è un giocatore completo, primadonna e gregario.

Pallone d'oro
Nel '65 e nel '67 vince il campionato. Nel '66, nei quarti di finale di Coppa dei campioni, fa a pezzi quasi da solo, a Lisbona, il Benfica di Eusebio. Nel '68, mentre gli studenti di mezza Europa si scatenano, anche lui si trova sulle barricate, in una battaglia contro il Benfica, a Wembley, nella finale della Coppa. Un suo gol straordinario, all'inizio dei supplementari, mette ko i portoghesi. Il Manchester è la squadra più forte d'Europa. George vince il Pallone d'oro e a 22 anni tocca il top. L'inizio della fine.

Genio e sregolatezza
Best è un genio precoce e fragile, esuberante, eccessivo, edonista, narciso: un predestinato, perché ha tutto per il trionfo e tutto per la rovina. Ha una sfacciata voglia di vivere. Irride avversari e regole. È bruno con gli occhi azzurri, capelli lunghi, basette spioventi, look stravagante, bello di una bellezza esagerata, troppo bello per essere solo un calciatore. La sua vita diventa un happening continuo. È uno che fa le cose che gli altri sognano. Non ha autocontrollo. Vive a ritmi frenetici, è un ragazzo che non vuole diventare uomo, un Peter Pan innamorato del whisky doppio che rischia di segnare molti autogol. Una chitarra solista che potrebbe spezzarsi. Un vincente e un perdente.

Il declino
La sue spaventose accelerazioni fuori del campo iniziano a farlo sbandare. Risse, paparazzi, attrici, modelle, bionde inquietanti, flirt spettacolari, due Miss Mondo nel "palmarès", incursioni nei locali notturni, notti alla roulette, Jaguar sfasciate, allenamenti saltati, sbronze pesanti, l'uomo si perde e il giocatore esce di partita. Dopo avere bruciato mille donne, George brucia se stesso. Nel '68 è arrivato alla gloria, quattro anni dopo è già un ricordo. A 26 anni la star del calcio è già al capolinea. Trascina il suo numero 7, il dribbling si è appesantito, non salta più l'uomo, è in ritardo sulla palla, non gli riescono più le sue straordinarie magìe. Il ragazzo che avrebbe saputo dribblare tre avversari anche in una cabina del telefono è finito. Nel '74 lascia il Manchester, dopo 466 partite e 178 gol. Non metterà mai più piede nell'Old Trafford da giocatore.

La fine
Sui campi è vissuto il tempo di una farfalla. Il resto è alcol. Whisky e gin diventano i suoi demoni custodi. «Ho smesso di bere ma solo quando dormo», dice ridendo. È spinto da un incontenibile desiderio di autodistruzione. Il fegato è stremato. Vive una vecchiaia precoce, disperata, da dannato. Sa di avere poco da vivere e si scrive un epitaffio da sé, secco come i suoi dribbling: «Sono vissuto a modo mio. Lo rifarei». Poi se ne va, in una stanza d'ospedale, come un passero dalle ali spezzate: il corpo ridotto a pelle e ossa, il volto giallo, gli occhi cerchiati di rosso. Il colore dei suoi amati "red devils", ricordo lontano di gioventù.

24 novembre 2009
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